Il biologo che ha voluto riscrivere la storia
La febbre del “grande racconto” e dei libri che spiegano tutto
“Armi, acciaio e malattie”, del biologo statunitense Jared Diamond, uscì in inglese in prima edizione con il titolo originale di “Guns, Germs, and Steel” e fu subito un enorme successo. Il libro vinse un premio Pulitzer per la saggistica, e numerosi altri premi, e tuttora è considerato un caso editoriale di quelli importanti. In Italia arrivò grazie al fiuto di Luigi Civalleri, che lo portò in Einaudi e lo tradusse.
Furono numerosi i tentativi di emulazione, non foss’altro per il bellissimo titolo triadico (e in effetti, un titolo triadico l’ho fatto anch’io). Ovviamente, c’è stato anche chi ha storto il naso: troppo divulgativo, troppe cose tutte insieme, troppo azzardato, eccetera eccetera. Insomma, più o meno la solita storia.
Che cosa dice il libro e chi è Jared Diamond.
Biologo evoluzionista, Diamond ha passato diversi anni in Nuova Guinea a studiare gli uccelli, e poi si è dedicato alla storia ambientale. Difficile dire quale sia il suo campo di studio prediletto: secondo Wikipedia ha studiato antropologia, linguistica, genetica, perfino la storia del Giappone feudale, parla correntemente una dozzina di lingue tanto che il suo collega (di vent’anni più giovane) Mark Ridley lo ha definito più che un uomo “un comitato”.
Diamond nel 1991 aveva pubblicato un altro grande successo che anticipava un po’ la domanda al centro di “Armi…”. Era “Il terzo scimpanzé – Ascesa e caduta del primate Homo sapiens”. Anche questo fu molto premiato e molto tradotto (ma meno del successivo): anche questo di taglio ampio e multidisciplinare, fu criticato perché in certe parti venne ritenuto approssimativo e intriso di un ecologismo naif persino un po’ moralista.
“Singerie”, cioè “scimmierie”: quadri che rappresentano scimmie che fanno cose umane, per sottolinearne il ridicolo. Il genere ebbe grande fortuna nel sedicesimo secolo soprattutto tra i pittori fiamminghi e presso il pubblico francese.
Quanto ad “Armi…”, il libro comincia da una domanda che Diamond riferisce a un abitante della Nuova Guinea: perché i bianchi hanno tutte queste cose e dominano il mondo? Perché proprio loro? Per rispondere, e per fuggire da qualsiasi spiegazione anche solo in odor di razzismo, l’autore parte dalla fine dell’ultima glaciazione e ripercorre la storia umana mettendo insieme biologia, ecologia, antropologia, archeologia, linguistica, genetica, eccetera eccetera.
Un’incredibile prova di enciclopedismo e di capacità di collegare argomenti, idee, ambiti.
La risposta? Lunga e complessa, ma considerate che esce dalla storia ed entra nella geografia (o almeno così sostiene il National Geographic).
Il libro è oggettivamente trascinante, e poi in quel momento era davvero qualcosa di nuovo. Così diventò rapidamente un best-seller e ne fu fatto almeno un documentario. Soprattutto diventò un modello di come si possa spiegare la grande storia, la “big history”, e tenere insieme riferimenti a discipline diverse.
Va detto, e forse lo faccio subito qui, che in realtà per qualcuno non era una assoluta novità (ma niente è mai una assoluta novità per tutti, dai) perché sin dagli anni trenta del Novecento in Francia la scuola cosiddetta degli Annales aveva già cominciato a elaborare un metodo di ricerca storica fondato più che sui singoli eventi sulle “strutture”. E che coinvolgeva anche altre discipline (come la geografia, la cartografia, la psicologia, l’economia) e poneva attenzione ai fenomeni e ai soggetti precedentemente considerati secondari, come le donne, i poveri, la gente comune. Era la longue durée, cioè il contrario dell’approccio “sallustiano” che invece procede per grandi avvenimenti e grandissimi eroi.
Forse quindi Diamond è arrivato in libreria al momento giusto, e sicuramente al pubblico generalista è arrivato per primo. Da allora libri come “Armi…”, o comunque variamente ispirati a un metodo di lettura delle cose onnicomprensivo, ne sono usciti altri: il libro di Josephine Quinn sull’Occidente, o quelli più recenti di Yuval Noah Harari, solo per citare quelli stranieri e di maggior successo arrivati in Italia di recente.
Questi invece sono ragazzini travestiti da scimmia per uno stranissimo filmato del 1963 dal titolo “One got fat”, prodotto dalla Interlude Films allo scopo di promuovere la sicurezza stradale. I bambini vanno a fare una gita in bicicletta e siccome sono sciocchi come scimmiette finiscono per morire uno a uno. L’unico che non muore ha il volto di essere umano (perché è saggio, si intende) e durante il picnic può mangiarsi i panini di tutti. Da qui il titolo.
Le critiche a Diamond: ovviamente, arrivano tutte dal fronte accademico, e meritano attenzione. In questo articolo, due sociologi dell’Oregon per esempio, pur lodando e rilodando Diamond per l’approccio coraggioso e stimolante di questo e dei suoi libri precedente e successivo (“Collasso”), osservano che forse tutta quella enfasi sul determinismo ambientale porta a dimenticare il ruolo della contingenza storica (anche del caso, a volte). Poi c’è tutta una visione olistica e funzionalista della società, dicono, che trascura tensioni interne e dinamiche varie. C’è anche una certa ingenuità di fondo, soprattutto sulle logiche del capitalismo. E infine, come non aspettarselo, bisognava riconoscere il contributo di altri studiosi che invece nel libro non sono nemmeno menzionati.
Queste critiche arrivarono da più fronti ma sicuramente la più sentita fu quella dei premi Nobel Daron Acemoglu e Simon Johnson dell’MIT di Boston che nel loro libro “Potere e progresso” (che non ho letto ma che trovo definito come un “libro contro il tecno-ottimismo”) criticano Diamond direttamente. Troppo “determinismo geografico”, anche qui. Troppa poca attenzione al ruolo delle istituzioni politiche ed economiche, che possono essere più o meno inclusive e decidere della prosperità o del fallimento della nazione. Troppa poca attenzione anche alla storia moderna. E cherry picking, cioè selezione mirata di esempi utili all’argomentazione. Eccetera.
Ho scoperto poi che anche alle critiche furono fatte critiche e che il dibattito sulle riviste accademiche si fece acceso, e inconcludente.
Resta comunque che il libro ha fatto scuola. In un settore in cui davvero è difficile scrivere qualcosa di diverso dal solito, in cui si tende a produrre libri che in fondo si assomigliano un po’ tutti lungo la pista di mode piuttosto prevedibili, Diamond ha mostrato che si può cercare una via narrativa ampia e accessibile ai più attraversando discipline diverse e lasciando un messaggio universale sulla storia umana.
C’è chi dice anche che il libro suggerisce nuovi studi, nuove idee e quindi arriva di nuovo lì, dove arrivano i buoni libri di scienza. Cioè riesce a promuovere un miglioramento della scienza stessa.
Al di là del caso specifico, per cui credo che sia oggi ancora impossibile dire se sia vero o no, mi pareva un buon modo per ribadire un’idea su cui torno spesso: un buon libro di scienza non si limita a raccontarlo, ma il mondo lo cambia anche un po’.
Segnalazioni:
§ Non è vero che si possono imparare un sacco di cose semplicemente ascoltandole mentre si dorme. Ho letto questa e tante altre cose interessanti sulla memoria nell’ultimo libro di Sergio della Sala, dal titolo Perché dimentichiamo. Questa però ve la cito perché il presunto esperimento per cui persone dormienti avrebbero assorbito informazioni nel sonno, solo ascoltandole in cuffia (ma poi come si fa a dormire con le cuffie?) in realtà non è mai avvenuto. È un’invenzione romanzesca di Hugo Gernsback che si trova in un suo libro di fantascienza del 1911. A proposito di libri che… eh?
§ Non una storia della scienza, ma una storia del pensiero scientifico: solo questa ci fa capire come sia nata e si sia sviluppata la scienza moderna e in che modo questa abbia contribuito allo sviluppo del pensiero democratico. E come, se viene fraintesa, possa essere foriera di gravi rischi. Io mi diverto sempre coi libri di Marco Ciardi: questa Storia del pensiero scientifico, nella mia copia, è già pieno di orecchie alle pagine che userò per le mie prossime lezioni.
§ Sabato scorso sareste dovuti venire al Mattatoio, a Roma, dove con Gioia Salvatori (qui in foto con me) e Simone Alessandrini abbiamo fatto i Creduloni, in uno spettacolo in quattro tempi dal titolo “Ci abbiamo sempre creduto” per il Ghost Track del RomaEuropa Festival. È stato divertente.
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Alcune cose, magari servono. È o era primariamente un esperto della fisiologia renale, che per divertimento praticava il birdwatching. E infatti ha fatto un viaggio in Nuova Guinea col più importante bird watcher del secolo scorso, cioè l'evoluzionista Ernst Mayr - come dire un premio Nobel per la biologia.
Al di là delle critiche sul "non hai messo questo e quest'altro" che trovo peculiarmente superficiali e un po' stupide (risposta: ma va là? io volevo parlare d'altro), Diamond è stato anche accusato che aver distorto esempi che gli servivano per la sua tesi (tipo quello dell'isola di Pasqua, poi ripetuto in millemila altri esempi, che non era come diceva lui) e di aver avuto un approccio colonialista alla faccenda, nonostante i suoi proclami.
Tra le lingue che parlava c'era l'italiano che ha imparato in pochi anni dopo un primo viaggio in Italia "perché gli piaceva il suono" (dichiarazione in un'intervista dopo il secondo viaggio in Italia, nel quale ha fatto una conferenza in italiano).
Pezzo bellissimo su di un libro per cui fu molto facile entusiasmarsi all'epoca.