Vite di scienziati - La biografia di Guglielmo Marconi
Dove si pensava di parlare di biografie scientifiche in generale, e si è finito per parlare solo di quella del primo dei geni antipatici della comunicazione: 635 pagine scritte piccolo.
Questo è il primo numero della mia newsletter. Come dice il titolo, vi racconterò qualcuno tra i libri che ho letto. Mi soffermerò soprattutto sulla saggistica scientifica, la mia cup of tea. Ma non saranno vere e proprie recensioni, o non soltanto, perché una newsletter è un posto dove si parla a ruota libera, da soli verso il vento, e (mi pare di capire leggendo le centomila newsletter a cui mi sono iscritta prima di decidermi a fare la mia) ci si abbandona al soliloquio verso un pubblico immaginario che sta lì, e ti ascolta buono buono.
Se così non fosse, potete scrivermi a silviabencivelli@gmail.com e farmi tutte le critiche che vi pare.
La radiografia di un camaleonte, scattata agli inizi della storia della radiologia. No, non c’entra niente.
Tema: biografie e anniversari. Il 2024 è il centocinquantesimo anniversario della nascita di Guglielmo Marconi, che vide la luce a Bologna il 25 aprile del 1874. Forse vi stupirà sapere che, nonostante le centomila vie, piazze, dipartimenti universitari, aeroporti, spettacoli e sceneggiati che in Italia gli abbiamo dedicato, la sua prima vera biografia completa e documentata, frutto del lavoro di uno storico vero, è uscita quest’anno. Ed è stata scritta in Canada.
Lui, lo storico, si chiama Marc Raboy e lavora alla McGill University, e il libro si chiama semplicemente “Marconi – L’uomo che ha connesso il mondo” (Hoepli): 635 pagine scritte piccolo, apparati compresi, 512 se vi limitate al racconto ed escludete note e bibliografia. Non è esattamente un libro per tutti, tantomeno un libro di “divulgazione” (genere verso il quale ho sviluppato una orchimegalia essenziale idiopatica cronicizzante). È una biografia fatta come si deve, e io me la sono goduta lungo una ventina di notti insonni, forse anche venticinque.
Attenzione: non è l’unico libro su Marconi che trovate in giro (c’è anche un libro di Riccardo Chiaberge di qualche anno fa, che mi dicono carino e molto più facile di questo). E attenzione bis: per almeno 250 pagine, cioè la metà del libro, la storia è tutta un intreccio di beghe commerciali, questioni brevettuali con relativi processi, accordi coi governi, strategie commerciali e così via. Può diventare noiosa, è vero. Io, che cinquecento pagine me le fumo in qualche notte grazie a una irresolubile insonnia, l’ho trovata invece davvero interessante, oltre ad aver apprezzato l’enorme lavoro di documentazione e ricerca che la sostiene. (Poi il libro dovevo leggerlo perché lo avrei presentato a Bologna con l’autore e altri esperti, e insomma sono o non sono una professionista?).
Marconi ne emerge come un uomo fuori dall’ordinario. Tenace, testardo e sicuro di sé, sin da quando era ragazzino e faceva i suoi primi esperimenti sui colli bolognesi ha sempre goduto di un fortissimo sostegno familiare (anche economico, e la famiglia di Marconi era una famiglia ricca). Ha avuto il mondo ai suoi piedi, e tutto quello che voleva: soldi, donne, riconoscimenti, adulazioni, un premio Nobel, un seggio da senatore. E lo ha avuto grazie alla sua invenzione. Eppure era un tipo a suo modo introverso, complesso, e malato: a 38 anni ha perso un occhio, ha avuto una brutta e lunga malaria e ha vissuto ricorrenti episodi di grave depressione che lo hanno tenuto lontano da tutti per mesi. Anche nella foto in copertina del libro, una foto dei suoi 45 anni, ha lo sguardo amaro, corrucciato, impettito e poco fiero. Eppure era fascista, decisamente fascista: fiore all’occhiello dell’Italia del Duce, che lo volle alla presidenza del CNR a far finta di sostenere la ricerca scientifica.
Marconi in una foto in cui si vede bene che aveva un occhio di vetro (foto presa da Google, tra le tante che ci sono, e immagino che non sia un problema).
Ecco: forse una delle ragioni per cui a noi italiani un po’ ci imbarazza, e per cui lo abbiamo omaggiato di tante strade e piazze ma di poche analisi accurate, è questa. Genio celebrato in tutto il mondo, uno dei nostri tredici Nobel scientifici (pochini, per un paese europeo) al Duce scrisse chiaramente: “Ogni Tuo desiderio è per me un comando”. Con la T maiuscola. Fascista e opportunista, anche doppiogiochista quando si è trattato di vendere la propria invenzione a due governi in guerra tra loro. Ambiguo, sempre: cioè determinato in fatto di affari, ma ambiguo su tutto il resto. E probabilmente anche disposto ad assecondare il fascismo sull’antisemitismo, che personalmente non sembrava condividere.
Per sua fortuna, Marconi è morto nel 1937, quindi un anno prima delle leggi razziali, e non ha dovuto prendere una decisione (che probabilmente non avrebbe preso, continuando a seguire le volontà di chi era al potere).
Si sa, noi italiani quella vecchia questione del fascismo l’abbiamo lasciata un po’ perdere, abbiamo deciso che fosse meglio considerarla acqua passata. Quindi anche Marconi è rimasto così, un personaggio quasi mitologico di cui tutti sappiamo quelle due o tre cose scolastiche come lo sparo da una collina all’altra e la scena di lui al porto di New York, acclamato come un salvatore, che accoglie i superstiti del Titanic (nave sulla quale avrebbe dovuto imbarcarsi anche lui!) salvi grazie a un messaggio di SOS lanciato via radio. Ma non sappiamo il resto.
Jack Phillips, il marconista del Titanic che lanciò l’SOS grazie al quale la nave poté essere soccorsa dopo l’urto con l’iceberg. Non è stato il primo SOS della storia, ma quasi e dopo quel 1912 l’SOS è diventato il messaggio di richiesta soccorso più usato al mondo. Anche la parola “marconista” è nata così. Quanto a Phillips, fu salvato dal naufragio ma morì pochi giorni dopo per ipotermia.
Il resto, per esempio, è il Marconi donnaiolo.
Intorno ai vent’anni Marconi sembra poco interessato al tema: si fidanza e tira tanto per le lunghe il fidanzamento che alla fine lei lo molla. Verso i trenta si rifidanza con maggiore decisione. Lei è Beatrice, di nobile famiglia irlandese decaduta, ed è un fidanzamento blandamente osteggiato dalle famiglie (niente è davvero osteggiato da qualcuno, nella vita di Marconi). I due si sposano e hanno tre figli, ma la loro vita matrimoniale è tutta un trasferimento per cui se lui alloggia in un hotel a Roma, loro stanno in una villa sul mare d’Irlanda, poi lui va a Londra e loro li sistema in Italia, e così via. Intanto entrambi invecchiano, e, sempre di più, Marconi si circonda di belle donne: alcune diventano le sue protegée (una sola, conosciuta prima di Beatrice, diventa davvero un’amica, ma muore giovane), con altre non si fa problemi a farsi vedere in atteggiamenti intimi. Lo sanno tutti, perché Marconi è sempre sui giornali di tutto il mondo.
Lo standard delle donne che gli piacciono è: giovane, forte, brillante, ambiziosa, creativa, a volte persino femminista. Le mogli che si mette a fianco invece devono essere devote e adoranti. Così a un certo punto Beatrice si rompe le scatole e si trova anche lei un altro. Marconi, in compenso, si fidanza praticamente in maniera ufficiale con Cristina, giovane figlia della nobiltà nera romana. Per risposarsi, porta Beatrice a divorziare a Fiume, operazione per la quale rischia la nazionalità italiana (ma con l’assicurazione di Mussolini che non succederà, e infatti non succede). Dopodiché, un istante dopo, anche Beatrice si risposa. Ma siccome invece Cristina vuole un matrimonio religioso e il divorzio civile non basta, per chiudere il primo matrimonio di Marconi interverrà il tribunale della Sacra Rota, al quale Guglielmo addestra Beatrice a dire una cosa del tipo: io sono anglicana, e quando mi sono sposata ho dato per scontata la possibilità di divorziare. Funziona.
I due però sono anche teneri: Guglielmo considererà Beatrice la sua confidente intelligente per tutta la vita, e i due si scriveranno (anche lettere di fuoco, ma senza interrompere mai il carteggio) fino alla fine. Mentre Cristina è una moglie perfetta.
Dal secondo matrimonio nascerà la figlia Elettra. E da questo momento, Marconi diventerà un uomo fedele con la moglie sempre al suo fianco. Il giorno del settimo compleanno di Elettra, il 20 luglio del 1937, Marconi morirà.
Elettra Marconi oggi, a 94 anni. È l’unica ancora in vita dei figli di Marconi.
Ora forse l’ho fatta un po’ lunga coi pettegolezzi.
Marconi incarna tanti aspetti critici di una scienza moderna che ancora ai suoi tempi non esisteva: i legami col potere, l’aziendalizzazione delle invenzioni derivate dalle grandi scoperte sul mondo naturale, l’ambiguità sugli impieghi dei loro risultati, il nazionalismo e l’opportunismo politico. Ed è stato un imprenditore della comunicazione molto prima dei vari Zuckerberg, imponendo ai governi di prendere per la prima volta decisioni complicate sulla gestione di cose immateriali come l’etere e l’informazione. La storia alla fine è quella del primo vero imprenditore globale moderno, che, in un mondo in cui tanti stanno lavorando alla trasmissione senza cavo, riesce a fregare tutti e a brevettare per primo, e da quel momento il wireless è solo lui.
E poi c’è Marconi da nascondere, quello che in un discorso dice che la radio (a cui lui, onestamente, non aveva pensato. Lui pensava più a una cosa con cui comunicare uno->uno) insomma che la radio sarebbe stato uno strumento di pace, e un istante dopo in un altro discorso celebra Mussolini e le sue imprese in Africa.
L’ho fatta lunghissima. Ma se il bello di avere una newsletter è di poterla tirare dove e come ci pare, me lo sono goduto.
Mi resta però un cruccio: sarei voluta partire dalla biografia di Marconi (non per caso) per parlare in generale delle biografie degli scienziati. Di come sono pensate e scritte e di che cosa davvero contengono. Proverò a farlo nel secondo numero.
E questo è un bel cliffhanger con cui chiudere il primo.
“I libri degli altri” è una newsletter un po’ pedante di Silvia Bencivelli. Qui si parla di libri di scienza, di alcuni in particolare oppure in generale di scienza nei libri. Qui c’è anche il rischio di perdere tanto tempo ma diciamocelo: ci sono modi molto più triviali di buttare via il tempo. Cercherò di uscire ogni due settimane, anche se, come diceva il poeta, loro sono tanti a scrivere, e io una sola a leggere. Per fortuna sono insonne.
Piacevolissimo ascolto e lettura
Bello Silvia! È sempre un piacere. Fantastica l’idea della newsletter sia da leggere che da ascoltare.